In quale emisfero cerebrale è elaborato il linguaggio?

domenica 25 aprile 2010

Odio gli indifferenti [...] sento di non dover sprecare le mie lacrime (Antonio Gramsci)

Discorso tenuto da Enrico Santus, direttore di Aeolo, il 25 aprile 2010 in occasione della celebrazione del 65mo anniversario dalla Liberazione a Pisa organizzata dal Popolo Viola.







Oggi è un giorno importante per l’Italia. Oggi è un giorno importante per tutti gli italiani.
Lo dovrebbe essere per lo meno, sia per la Sinistra che per la Destra. Lo dovrebbe essere sia per il Sud che per il Nord.
Esattamente 65 anni fa, uomini e donne di tutte le età imbracciarono per la prima volta nella loro vita un’arma e si dettero alla macchia. Non erano addestrati. Molti di loro non avevano mai visto un fucile. Nessuno di loro si aspettava di doverlo imbracciare per difendere la Patria.

Chiunque vorrebbe avere la garanzia di invecchiare. Invece, qualcosa spinse quegli italiani a combattere un nemico, quello nazista, che non risparmiava né civili né oppositori.
Uomini e donne, giovani e anziani, partivano sapendo che probabilmente non sarebbero tornati. Provenivano da realtà molto diverse gli uni dagli altri. Spesso, addirittura, supportavano idee politiche contrastanti, ma avevano a cuore una cosa: la libertà.
Era proprio la libertà che accomunava liberali e comunisti, cattolici e socialisti, anarchici e monarchici. La libertà di vivere dignitosamente e la libertà di esprimere il proprio pensiero senza alcun limite, senza alcuna paura. La libertà, insomma, di dire finalmente “NO” al fascismo e al nazismo.

Quasi dieci anni dopo, nel 1954, nel Teatro Lirico di Milano Piero Calamandrei ricordava il periodo della resistenza affermando: “Era giunta l’ora di resistere; era giunta l’ora di essere uomini: di morire da uomini per vivere da uomini”.
Quel 25 APRILE 1945 si stavano ponendo le basi per la nostra Italia. Crollava una monarchia ed una dittatura e nascevano una repubblica ed una democrazia. Ed è proprio in quel giorno primaverile che si gettavano i presupposti per quella che – in soli due anni – divenne una delle migliori costituzioni al mondo, la Costituzione Italiana, capace di tutelare ancora i nostri diritti.
Ci hanno provato in tanti ad attaccarla. Tanti provano tuttora a comparare i repubblichini, complici dei nazisti, ai partigiani che hanno dato la vita per la libertà. Commemorare i morti, tutti i morti, è certo cosa buona: lo si faccia il 2 novembre. Il 25 APRILE si commemora la Liberazione e tutti coloro che hanno lottato per ottenerla.

Ma cosa spingeva uomini e donne tanto diversi in ideali, desideri e aspettative ad imbracciare un fucile? Cosa spingeva queste persone a rischiare la vita per una causa di cui probabilmente non avrebbero potuto godere i benefici? Non sarebbe stato molto più semplice adattarsi ad una realtà che, per quanto misera, garantiva la vita? NO!
Per citare ancora una volta Piero Calamandrei, “La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare.” Ed ecco cosa provarono quelle persone: per noi è impossibile comprenderlo, perché tutti inspiriamo aria e la espiriamo regolarmente, ma provate a trattenere il respiro per sessanta secondi. Vi accorgerete che arriverà un momento in cui la vostra mente non penserà più alla vita o alla morte, non temerà il peggio. La vostra unica necessità diverrà RESISTERE, resistere per tornare a respirare. Resistere per tornare a respirare ARIA. Resistere per tornare a respirare LIBERTA’.
Imbracciare un fucile, allora, fu l’unica scelta possibile. La certezza del vivere senza respirare non aveva senso: meglio la morte. Ecco cosa mosse quelle braccia, quelle gambe e quelle menti: l’aria, la libertà. Tutti sapevano quanto fossero orrende le dinamiche della guerra. Loro, a differenza nostra, l’avevano vista coi propri occhi: erano vicini i bombardamenti ed era vicinissimo l’odore della polvere da sparo, nonché il fetido puzzo della morte. Ma erano giunti al punto di non ritorno, il punto in cui si deve scegliere a quale tra le due fazioni appartenere: UOMINI e NO.

Citando “La città futura” di Antonio Gramsci, “Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. […] Il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?
Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che NON HA fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.”. (11 febbraio 1917 – Antonio Gramsci, La città futura)

Il 25 APRILE deve tornare nei cuori degli italiani, qualsiasi sia il loro ideale politico. Questo giorno è stato infatti uno spartiacque tra il fascismo e la libertà, e quest'ultima non ha colore. La dobbiamo a persone che non sarebbero mai volute diventare eroi, persone che avrebbero probabilmente preferito vivere la vostra vita. Avrebbero preferito evitare di dover scegliere tra l'essere UOMINI e NO. Glielo dobbiamo, festeggiamo questo giorno alla loro memoria, alla memoria di tutti quei partigiani che, prima ancora che cattolici, comunisti, liberali, anarchici, monarchici o socialisti, erano uomini e donne, padri, madri e figli, nipoti, fratelli e sorelle. Individui che mangiavano, lavoravano, ridevano, piangevano, ma – sopratutto – che sognavano.

A loro il mio saluto. A loro – e a tutti voi – questa boccata di libertà.

Enrico Santus


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